ZORBA IL GRECO




Zorba il greco credo non abbia bisogno di presentazioni, vista la fama che l’ha accompagnato nel passato, anche grazie a un fortunato film diretto da Cacoyannis, interpretato da un Anthony Quinn in stato di grazia ed impreziosito dalle musiche di uno dei mostri sacri della musica greca Mikis Theodorakis.
Lo spunto alla rilettura viene dalla prima edizione con traduzione in italiano che Nicola Crocetti ha curato personalmente. La precedente e unica edizione italiana veniva da una traduzione dall’inglese
La storia nella sua trama è semplice, scarna, lineare. L’io narrante, un giovane intellettuale cosmopolita, in cui si vede facilmente in tralice lo stesso autore, torna nella natia Creta, dopo aver affittato una miniera di lignite che vuole provare, almeno temporaneamente, a sfruttare.
Per farsi aiutare in questa impresa, assolda Alexis Zorba, greco macedone che guiderà la squadra di operai addetti alla miniera.
Il romanzo è tutto imperniato sulla figura di questo quasi settantenne eroe picaresco, dal cuore grande ma facile a ire violente e passeggere. Avventuriero, venditore ambulante, filosofo, imbroglione, donnaiolo, gran bevitore e amante della cucina.
La scena è tutta incentrata su di lui. L’io narrante è un occhio scrutatore esterno, oppresso da un mondo tutto di carta, di studi, di finzione intellettuale che cerca disperatamente della linfa vitale da suggere all’uragano Zorba che rappresenta, nel suo analfabetismo, una sorta di rovescio cui riferirsi.
Tutto il romanzo sembra quasi un rito d’iniziazione, del giovane e riluttante intellettuale, a una vita più genuina, non inquinata da sovrastrutture, frutto delle letture e degli studi.
Una vita che in apparenza può apparire semplice, a tratti brutale e rozza ma che trionfa nella sua animalità diretta da una filosofia di fondo che si racchiudere nel vivere stesso.
Quando Zorba lavora, si fa lavoro, non pensa ad altro, nulla per lui vale niente se non il lavoro stesso. Così quando è intento a mangiare o a bere o a sedurre una donna. Una cosa alla volta, mettendoci tutto l’entusiasmo e la forza di cui si è capaci, non pensando a domani o a qualcos’altro.
È questa filosofia vitalistica di Zorba che lentamente fa breccia nel cuore, più che nella testa, del giovane intellettuale. Zorba non sa spiegare un mucchio di cose, così, quando le parole non lo sostengono, balla e invita il giovane a fare lo stesso.
Liberarsi dell’apollineo, tuffarsi nel dionisiaco. Non c’è altra strada per esaltare la vita così come ci viene proposta. A nulla importa che alla fine saremo sconfitti, ci toccherà invecchiare, passare la mano, morire.
Per Zorba l’unico modo per affrontare questa tragedia che è la vita è viverla, così come succede, ora, adesso, come se non esistesse un domani. Anzi proprio perché domani esisterà solo quando si sarà fatto oggi.
Il contorno, che si amalgama pienamente con questo personaggio e che gli calza come un guanto, l’isola di Creta, con le sue terre brulle, con le sue capre, i suoi piccoli paesi popolati da gente che, con la stessa energia e desiderio, affronta senza paure posticce le insidie che il vivere comporta. Su tutto, il caldo torrido del sole, lo scintillante mar libico, i profumi aromatici delle erbe arrostite dal sole e cotte in quella fornace di ribollente umanità. Una grande speranza, un’esplosione quasi erotica di tutti i sensi che alla fine, anche se per un breve attimo, avranno il sopravvento sull’algido intelletto del giovane che se ne farà ammaliare, curandosi temporaneamente dai tutti i suoi mali prosciuganti che lo imbalsamo in una vita artefatta, distante, ingessata, cerebrale, liberandolo infine da quel peso.link

Zorba il Buddha


(...)
Ma lascia che lo ripeta di nuovo: soltanto gli Zorba diventano Buddha... e il Buddha non è mai stato un monaco.
Un monaco è una persona che non è mai stato uno Zorba, ma che è rimasta incantata dalle parole del Buddha. Un monaco è qualcuno che imita, è falso, è una finzione. Egli imita i Buddha: può essere cristiano, buddhista o gianista, non fa differenza, in ogni caso, egli imita un Buddha.
Quando un monaco si allontana dal mondo, continua a combatterlo, non se ne va rilassato: tutto il suo essere è attratto dalle cose del mondo, esiste un conflitto. Ed egli diventa un essere diviso: metà del suo essere è attratta da questo mondo, l'altra metà è avida dell'altro. Egli è lacerato: fondamentalmente, un monaco è schizofrenico, è una persona dissociata, divisa tra ciò che è inferiore e ciò che è più elevato. E la parte più terrena continua a esercitare in lui una forte attrazione, e più egli la reprime, più questa attrazione diventa morbosa. Poiché non ha vissuto le cose più "basse" del mondo, egli non può entrare nelle sfere più elevate.
Ti puoi elevare solo dopo aver vissuto pienamente la sfera inferiore della vita. Puoi raggiungere la sfera più elevata solo passando attraverso la sofferenza e l'estasi delle cose più umili. Prima che il seme del loto divenga un fiore, deve passare attraverso il fango: quel fango è il mondo.
Il monaco è scappato dal fango e non diventerà mai un fiore di loto. Sarebbe come se il seme del loto, per una questtione di ego, non volesse cadere nel fango: "Io sono un seme di loto, non posso cadere in questo fango!" Ma, in questo modo, resterà solo un seme: non sboccerà mai nel fiore di loto. Se vuole sbocciare, deve cadere nel fango; deve vivere questa contraddizione. Senza la contraddizione creata dal vivere nel fango non può andare oltre, nel trascendente.
Io sarò l'ultima persona che farà di te un monaco. Perché, altrimenti, i monaci e le suore dovrebbero essere così ostili nei miei confronti? Io vorrei che tu mettessi radici nella terra.
Sono assolutamente d'accordo con Friedrich Nietzsche, che dichiara: "Fratelli, vi supplico, restate fedeli alla terra e non credete in coloro che vi dicono di sperare nell'altro mondo!"
Impara la tua prima lezione di fiducia, fidandoti della terra. E' la tua casa, in questo preciso istante!
Non desiderare l'altro mondo. Vivi questo mondo e vivilo con intensità e con passione, vivilo totalmente, con tutto il tuo essere: da questa fiducia totale, da questa vita di passione, d'amore, di gioia acquisirai la capacità di andare oltre.
L'altro mondo è nascosto in questo. Il Buddha dorme in Zorba, dev'essere risvegliato. E nessuno può svegliarti, se non la vita stessa.
Io sono qui per aiutarti a essere totale, dovunque ti trovi: qualunque sia la condizione del tuo essere... vivi quello stato dell'essere con totalità! E solo vivendo qualcosa totalmente, la si può trascendere.
Prima diventa uno Zorba, un fiore di questa Terra e, attraverso questo processo, acquisisci la capacità di diventare un Buddha, il fiore dell'altro mondo.
L'altro mondo non è lontano da questo, l'altro mondo non è contro questo: è nascosto in questo! Questo mondo è solo una manifestazione dell'altro e l'altro è la sfera non manifesta di questo.


(Osho, "Cogli l'attimo")
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