Zelensky il libro

“Zelensky prima delle Presidenziali era vicino ai russi e lavorava per loro”
Fulvio Scaglione - Il libro che racconta le origini: “La sua era una famiglia ebreo-sovietica”
Di Michela A.G. Iaccarino

Finora è stato descritto solo come il Davide ucraino contro il Golia russo, ma Zelensky non è solo questo. Tutte le metamorfosi del presidente le ripercorre nel libro Zelens’skyj, l’uomo e la maschera, edizioni Meltemi, Fulvio Scaglione, a lungo corrispondente in Russia e oggi direttore di Insideover. Una biografia lontana dall’agiografia: “Intorno alla figura di Zelensky c’era un profondo buco informativo. I media, quando è diventato presidente, hanno solo raccontato di un comico che arrivava al potere di colpo. Poi ce ne siamo dimenticati. Quando è iniziata la guerra su larga scala, è stato invece congelato nell’icona con la maglietta verde. Di lui abbiamo sempre saputo poco oltre l’immagine stereotipata. È l’uomo che ha spinto l’Ue a cambiare sistema economico, non possiamo accontentarci di favole gratificanti”.

Lei ripercorre da principio quella che chiama “mitopoiesi zelenskiana”: inizia tutto a Kryvyj Rih, la città natale del presidente…

È l’epoca in cui Zelensky non è ancora Zelensky. Nasce in una famiglia ebreo sovietica, i parenti vengono sterminati dai nazisti. Suo padre era uno scienziato che lavorava ad un progetto secretato in Mongolia, godeva della fiducia delle autorità sovietiche.

Nel libro c’è il titolo della tesi del padre di Zelensky.

Il mio libro ha 157 pagine e 161 note: il lettore può andare a verificare fonti e controllare. Ci tengo a dirlo, per il clima da derby e liste di proscrizione, o pro o contro, nel quale viviamo.

Evidenzia la duplice natura di Zelensky: russa e ucraina.

Ha avuto sempre questa duplice natura, per lingua, attività, cultura. Non è sempre stato un critico della Russia: a 30 anni era milionario in dollari per la sua bravura personale, ma ha avuto grande fortuna esibendosi sul primo canale della tv di Stato russa. Non ha mai preso posizione durante la rivoluzione arancione o Maidan. Ha lavorato con oligarchi russi finché ha deciso di diventare “solo” ucraino. La parte ucraina di Zelensky era dormiente: poi alla vigilia delle elezioni presidenziali, va a lezione di ucraino da un noto linguista di Kiev.

“In quel regno di mezzo”, mentre è un po’ russo, un po’ ucraino, scrive la fortunata serie tv Servo del popolo, lo sceneggiato che darà nome al suo partito. Lei però scrive che non è arrivato al potere quasi costretto, come l’insegnante Holoborodko.

È una narrazione di comodo dire che sia arrivato al potere come l’onesto professore che diventa per caso presidente e combatte corruzione, nepotismo, evasori e oligarchi. Mentre scrive lo sceneggiato nel 2015, apre società offshore, acquista ville all’estero, fa affari con oligarchi come Kolomojskyj, da molti considerato un pescecane con squadre di picchiatori che mandava ai rivali in affari. Zelensky una potenziale carriera politica l’aveva in mente prima del 2019, ma ha raccontato di aver deciso dopo la serie. Poi quando diventa presidente, 30 dei suoi collaboratori della sua compagnia Kvartal ricevono incarichi nelle istituzioni. Un cerchio magico. Il suo amico di infanzia Bakanov diventa capo dei Servizi segreti. Shefir, primo consigliere, Jermak, oggi a capo dell’amministrazione presidenziale, era un avvocato di diritti cinematografici. C’è un travaso da Kvartal ai palazzi del potere a Kiev.

Lucio Caracciolo ha scritto nella prefazione che siamo alle prese con le conseguenze del conflitto, “una scelta di cui forse, in cuor suo, lo stesso presidente russo si pente”. E “l’uomo e la maschera” Zelensky?

Nessuno sa cosa accade nel loro intimo, ma pubblicamente entrambi non possono smentirsi. Nessuno dei due ha un’exit strategy. Comunque Zelensky non si è mai nascosto. La maschera gliel’abbiamo messa noi.



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