LO STERMINIO DEGLI INDIANI D'AMERICA










di PAOLO DEOTTO
"... se permetteremo anche a solo 50 indiani di rimanere tra il Platte e l'Arkansas dovremo far proteggere ogni treno, ogni cantoniera, ogni gruppo di persone che lavora alla ferrovia. In altre parole, 50 indiani "ostili" possono tenere in scacco 3000 soldati. Meglio buttarli fuori al più presto possibile, e non fa molta differenza se ciò avverrà mediante l'imbroglio da parte dei commissari per gli affari indiani o uccidendoli". (da una lettera scritta dal generale William T. Sherman, comandante della divisione militare del Missouri, al segretario della guerra, Edwin M. Stanton - novembre 1868).
"... Voi siete munito di pieni poteri per attuare la sistemazione definitiva delle tribù indiane nomadi su territori ad esse graditi e porle pacificamente sotto il controllo dei funzionari a ciò incaricati dal Dipartimento per gli Affari Indiani". (dalla lettera di istruzioni scritta dal Presidente degli Stati Uniti, Ulysses S. Grant, al plenipotenziario Vincent Coyler - luglio 1871).
"Io... farò in modo di ridurre ciascuno di loro alla fame più nera se gli indiani non vorranno lavorare... "(da una lettera scritta da Nicholas C. Meeker, agente per gli indiani Ute, al senatore Teller - febbraio 1878).


Abbiamo letto tre estratti, tre piccoli ma significativi documenti scritti nell'arco di un solo decennio, che possono ben servire da sintesi dell'evoluzione della politica americana nei confronti dei pellerossa. Passiamo dalla proposta pura e semplice del generale Sherman di
sopprimere gli indiani, alla direttiva del Presidente Grant di addivenire a un controllo pacifico, all'affermazione dura di un agente indiano, ben deciso a trasformare un popolo di cacciatori (nella fattispecie, gli indiani della tribù Ute) in agricoltori, a costo di "ridurli alla fame più nera". 





Diversi sarebbero stati anche i motivi per cui l'uomo bianco iniziò la sua politica contro l'uomo rosso. La pura e semplice espansione verso Ovest sarebbe divenuta estremamente più aggressiva con le scoperte dei giacimenti di oro e di argento, mentre la costruzione delle ferrovie avrebbe sconvolto l'assetto di vita degli indiani delle Pianure, avendo come primo effetto quello di mutare le direzioni delle migrazioni dei bisonti.
Ma cerchiano ora di procedere con ordine, per vedere nel dettaglio lo sviluppo di una politica che non è eccessivo definire di genocidio.
Genocidio: "metodica distruzione di un gruppo etnico, compiuta attraverso lo sterminio degli individui e l'annullamento dei valori e dei documenti temporali" (Vocabolario della lingua italiana, di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, Le Monnier, Milano 1984).
Non abbiamo quindi solo l'eliminazione fisica degli individui che compongono il gruppo etnico, ma anche l'eliminazione di tutti quei fattori che costituiscono l'identità stessa di un popolo (religione, cultura, usanze), per cancellarne la memoria, affinché il gruppo sterminato, privato anche della memoria storica, non possa più risorgere.
Chi, come l'autore di queste pagine, non è più un ragazzo ricorda nella sua giovinezza un mito del West, alimentato soprattutto da una filmografia che creò degli stereotipi divenuti classici. Il cow boy, lo sceriffo, gli indiani, l'avventura, le cavalcate nelle immense praterie, le immancabili sparatorie, la vittoria dei buoni sui cattivi. Gli indiani erano perlopiù i selvaggi e gli eventuali indiani buoni erano quelli disposti a collaborare con l'uomo bianco. Al manicheismo del "bianco buono - rosso cattivo" non è mancato purtroppo il manicheismo di senso opposto (ricordate il Piccolo grande uomo ?). A due estremismi, cerchiamo quindi di opporre la lettura dei dati di fatto, per trarre da questi qualche insegnamento. 




.....A questo movimento continuo, a questa frenesia di conquista in tutti i campi, si contrapponevano, nelle grandi pianure a Nord di quel confine indicativo tracciato dal fiume Arkansas, delle popolazioni che conducevano una vita totalmente differente, seguendo tradizioni secolari, con una spiritualità e un contatto, reale, con la natura che li portavano ad essere indifferenti verso quei valori che invece coinvolgevano profondamente l'uomo bianco. Per i Sioux e in genere per le tribù indiane del settentrione il credo religioso era fondato sulla figura di Manitou, il Grande Spirito, che chiedeva agli uomini di praticare alcune virtù e di regolare la propria vita su di esse. Le quattro virtù erano la generosità, il coraggio, l'integrità morale e la forza d'animo. I quattro peccati che un indiano doveva rifuggire erano: permettere che un ospite se ne andasse affamato; permettere che un bimbo orfano piangesse per fame; perdere in battaglia il più anziano dei figli e tornare senza di lui; tornare solo dal combattimento dopo che tutti i propri compagni fossero stati uccisi. Come si vede, la guerra era considerata una componente normale, diremmo ovvia, nella vita del pellerossa, né questo deve stupire in una società primitiva.

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