Smascherare una indecente lugubre bugiarda e distruttrice.
L’asse Monti-Fornero vende all’opinione pubblica la flessibilità selvaggia e i conseguenti disastri sociali come necessità essenziali per rendere il Paese competitivo. Il teorema è: abbiamo un mercato del lavoro troppo regolamentato, soffoca la competitività, cioè da noi non investono e con paghe/regole troppo rigide non siamo competitivi all'estero. Confindustria dell’ignorante Squinzi approva. Ok.
Il World Economic Forum di Davos è la massima assise mondiale della finanza e dell’industria, più in alto di così non si va. Pubblicano ogni anno un rapporto sulla competitività dei Paesi nel mondo, ilGlobal Competitiveness Index. Ogni Stato ha una pagella. Nelle pagelle di ogni nazione c’è la parte con la scritta in azzurro The most problematic factors for doing business, cioè quali sono gli ostacoli più problematici per investire in quei Paesi, e per quei Paesi per essere competitivi all'estero. Nelle pagelle di Svizzera, Svezia, Finlandia, e Germania, fra gli ostacoli più problematici ci trovate sempre la voce Restrictive Labour Regulations, cioè un mercato del lavoro troppo regolamentato. In Svizzera, Svezia, Finlandia, Germania il mercato del lavoro NON è flessibile a sufficienza. Ok.
Secondo il teorema Monti-Fornero, il World Economic Forum Global Competitiveness Index dovrebbe bocciare la competitività di Svizzera, Svezia, Finlandia, Germania, tutte piagate da troppa poca flessibilità del mercato del lavoro, e anche, vi si legge, da poca efficienza e da troppa burocrazia. Addirittura nel caso della Svizzera, il WEF lamenta una “insufficiente formazione del personale al lavoro”. Peggio di così...
Ok, andiamo a vedere chi sono i Paesi giudicati dal World Economic Forum come i più competitivi al mondo nel 2011:
Primo posto: Svizzera
Terzo posto: Svezia
Quarto posto: Finlandia
Sesto posto: Germania
su 193 Paesi
Nei primi sei posti ci sono proprio Svizzera, Svezia, Finlandia e Germania, i Paesi con altissima regolamentazione del mercato del lavoro, troppa burocrazia e anche inefficienze. Possibile? Ma la rigidità del mercato del lavoro non era la causa prima della perdita di competitività?
Se leggiamo la pagella dell’Italia, e sempre nella sezione The most problematic factors for doing business, cioè quali sono gli ostacoli più problematici per investire da noi e per noi per vendere all'estero, vi si trovano precisamente gli stessi problemi di Svizzera, Svezia, Finlandia e Germania: burocrazia, inefficienza e mercato del lavoro troppo regolamentato. Andiamo a vedere dove sta l’Italia nella classifica su 193 Paesi:
Quarantatreesimo posto (43), dietro Tunisia e Barbados.
Ci spieghi la Fornero come sia possibile che Paesi che mantengono un’alta rigidità del mercato del lavoro, e altre gravi disfunzioni, siano lo stesso i più competitivi al mondo, mentre noi siamo dietro le Barbados e la Tunisia. Ci spieghi la Fornero perché dovremmo tutti credere che mandando giovani a lavorare da Parma a Foggia 6 mesi, poi 24 mesi a Latina e poi 4 mesi di nulla, poi 2 mesi a Parma, poi 20 mesi a Conegliano, e con paghe di 900 euro con laurea, l’Italia potrà raggiungere Svizzera, Svezia, Finlandia e Germania che mantengono i mercati del lavoro più garantiti e regolamentati al mondo.
Questo prova oltre ogni dubbio che la scure abbattuta sulla cosiddetta eccessiva rigidità del mercato del lavoro italiano come la causa primaria della perdita di competitività è una menzogna, che nasconde le vere cause della poca competitività italiana (capitolo a sé). E’ una menzogna che mira a ben altro, e cioè all’esatto contrario, mira a deflazionare l’economia italiana devastando i salari, quindi i consumi, quindi le aziende (imprenditori sveglia!), per regalare agli investitori internazionali, i tedeschi prima di tutto, migliaia di nostre aziende di prestigio con cui far shopping a due lire. Nel frattempo devastando il miracolo dell’economia produttiva italiana. A ciò mira.
Questi sono dei criminali falsari, la Fornero va fermata, è un’ignobile indecente lugubre bugiarda che sta condannando milioni di nostri figli a un’esistenza kosovara.
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